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M o d u l o 7
La macchina sincrona
L'ALTERNATORE
Si avvia il motore di trascinamento di fig.1 disinserendo gradualmente il reostato d’avviamento e successivamente regolando con Recc la velocità del gruppo motore-alternatore al valore di sincronismo, valore che va mantenuto costante durante il rilievo della caratteristica di magnetizzazione e controllato con il frequenzimetro.
Con circuito di eccitazione dell’alternatore non ancora alimentato si rileva sul voltmetro la f.e.m. dovuta al magnetismo residuo. Poi si alimenta l’eccitazione con corrente gradualmente crescente e si leggono le rispettive tensioni di fase sul voltmetro "V" collegato tra una fase e il neutro della morsettiera dell’alternatore. Solo per valori crescenti della corrente di eccitazione Ie si ricava la caratteristica ascendente; similmente, solo ridiminuendo la corrente d’eccitazione, senza mai riaumentarla, si ottiene la caratteristica discendente. La curva media è quella a vuoto, con andamento riportato in fig.1.
Figura 1) Rilievo della caratteristica a vuoto Eo(Ie)
In genere la macchina fornisce il valore nominale a vuoto in un punto situato un po’ oltre il ginocchio, affinché nel funzionamento a carico le variazioni della corrente di eccitazione non producano brusche variazioni della tensione generata. Naturalmente il funzionamento nella prima zona lineare comporterebbe ampie variazioni della tensione d’uscita, a parità di ΔIe.
Se si allaccia ai morsetti dell’alternatore un carico trifase equilibrato, puramente resistivo, le tre f.e.m. generate producono un passaggio di corrente nello stesso carico e anche nei tre avvolgimenti dell’indotto (fig.1). Come si è già discusso per la macchina asincrona, la terna equilibrata delle correnti (figg. 1 e 2 del §1 Motore asincrono) crea un campo magnetico rotante. Se l’istante iniziale corrisponde alla posizione di fig. 2 dei vettori delle correnti erogate dalla macchina, le polarità indotte N’ e S’, rotanti anch’esse in sincronismo con la ruota polare, ostacolano la rotazione della ruota stessa. Infatti la potenza meccanica che il motore primo deve produrre, trascurando per il momento le perdite dell’alternatore, coincide con quella elettrica generata nel carico resistivo, che è la potenza attiva. Vale infatti l’uguaglianza
T · Ω = 3 · Uf · If · cosφ
Il fenomeno della reazione d’indotto, anche qui, nell’alternatore, come nelle altre macchine elettriche funzionanti sotto carico, è dovuto alla presenza del campo magnetico prodotto dai conduttori dell’indotto percorsi da corrente. Il campo d’indotto ha un’intensità che dipende dall’entità della corrente erogata e i suoi effetti si sommano a quelli prodotti dal campo magnetico induttore, il solo presente invece nel funzionamento a vuoto.
Nel caso citato di carico resistivo, in cui la corrente erogata in ogni fase è massima quando è massima la rispettiva f.e.m., il polo N della ruota polare si trova a produrre il valore massimo di f.e.m. quando passa di fronte al principio P1.
A questo proposito si ricorda che il verso della f.e.m. indotta e anche quello della corrente erogata vengono determinati con la regoletta pratica della mano destra, in cui il pollice va rivolto non nel senso di rotazione del polo N, ma nel senso in cui si sposta, relativamente, il conduttore rispetto al campo. Per il conduttore posto in P1 il pollice quindi è volto a sinistra (velocità), l’indice verso l’alto come il campo uscente dal polo N e il medio segnala che la f.e.m. e la corrente erogata sono entranti.
La reazione d’indotto impone quindi che, con carico ohmico, poli induttori e poli indotti siano fra loro spostati di un semipasso polare: la posizione del polo indotto nella mezzeria dei poli induttori comporta l’azione di una coppia frenante massima, che deve essere controbilanciata dal motore di trascinamento.
Come già si è visto per la dinamo, la sovrapposizione dei campi a vuoto e a carico dà una distorsione del campo risultante, con le stesse conseguenze là esaminate (fig.3-§3.1 Dinamo a carico).
Gli effetti torcente e smagnetizzante comportano una diminuzione del flusso totale utile, con naturale diminuzione della f.e.m. disponibile al carico, giustificata quindi con una c.d.t. per reazione d’indotto.
Figura 2) Reazione d’indotto con direzione ortogonale tra i campi rotanti d’induttore e d’indotto. Il campo indotto rotante, con le polarità
N’ e S’, è analogo a quello induttore della macchina asincrona.
Si consideri un carico trifase equilibrato di tipo puramente induttivo.
Se si lascia immutata la posizione dei vettori delle correnti indotte (come in fig.3), considerando la fase 1, dovendo la f.e.m. E1 trovarsi a 90° in anticipo rispetto alla corrente, significa che il nord della ruota polare ha già superato, di 90°, la posizione di fronte a P1. La fig.3 evidenzia quindi la posizione raggiunta dalla ruota polare nell’istante in cui la I1 è massima.
Non ci si lasci trarre in inganno dal fatto che i vettori elettrici ruotano per convenzione in senso positivo antiorario (infatti il vettore f.e.m. E1 è ad esempio anch’esso a 90° in anticipo, ma in senso antiorario sulla corrente I1, che consideriamo massima e quindi è in posizione verticale).
Si noti ancora che il riferimento costante è stato preso sulle correnti indotte, con la terna sempre nella stessa posizione per le figg. 2, 3 e 4. Il campo indotto mantiene pertanto le polarità N’ e S’ sempre nella stessa posizione iniziale, in quanto la I1 è massima nell’istante considerato in queste figure e anche i conduttori posti in F2 e F3 sono percorsi da correnti entranti. L’insieme di questi conduttori produce all’interno un campo che va da N’ a S’. Analogamente il gruppo di conduttori P2-F1-P3 , interessato da correnti uscenti, genera lo stesso andamento del flusso indotto.
La posizione contrapposta delle polarità induttrici ed indotte dà evidentemente luogo ad un effetto smagnetizzante, conseguente alla reazione d’indotto.
L’azione repulsiva fra poli induttori e indotti agisce sulla stessa direzione e pertanto il motore primo non deve fornire potenza meccanica per mantenere in rotazione la ruota polare, a parte naturalmente quella necessaria a compensare le perdite meccaniche.
Essendo nulla la potenza attiva generata, risulta conseguentemente nulla anche quella meccanica richiesta al motore di trascinamento.
Inoltre l’effetto smagnetizzante che si è venuto a creare richiederà un aumento della corrente di eccitazione, per poter rinforzare e compensare la smagnetizzazione.
La diminuzione della f.e.m. generata viene giustificata con l’introduzione di una c.d.t. dovuta all’effetto della reazione d’indotto. L’elemento che si introduce è una reattanza Xi, come si chiarirà in seguito. La diminuzione del flusso risultante è molto più accentuata rispetto a quella incontrata con carico resistivo.
Figura 3) Effetto smagnetizzante conseguente al carico ideale induttivo. La potenza attiva erogata è nulla, come anche la potenza meccanica fornita dal motore primo.
Nell’istante indicato in fig.4), quando la corrente I1 raggiunge il valore massimo, il polo N della ruota polare, che genera una f.e.m. E1 in ritardo di 90° sulla corrente, deve quindi ancora ruotare di 90° in senso orario affinché diventi massima la E1. (La E1 sarà massima, ed entrante, quando il polo N passerà davanti a P1!).
In conseguenza di ciò il campo indotto e il campo induttore concorrono entrambi a rinforzare il flusso risultante, per cui si ha una f.e.m. totale superiore a quella prodotta nel funzionamento a vuoto, naturalmente a parità di corrente di eccitazione dei poli induttori.
Figura 4) Effetto magnetizzante dovuto al carico capacitivo. Campo induttore e campo indotto si sommano, con stessa direzione e verso. Il rinforzo del flusso crea un’autoeccitazione.
La coppia resistente è nulla, essendo nulla anche la potenza attiva generata. Infatti le forze attrattive tra poli induttori e indotti hanno ancora la stessa direzione.
In generale
, al variare dell’angolo di sfasamento del carico varia anche la posizione relativa fra campo induttore e indotto, come si è visto in questi tre casi ideali, compresi fra +90° e -90°. Al diminuire della potenza attiva generata, diminuirà anche la coppia resistente che deve essere controbilanciata dal motore primo.Il campo risultante si scompone in un campo trasverso e in un campo smagnetizzante o magnetizzante. La presenza della componente trasversa richiede una coppia motrice.
7_ Reazione d’indotto in alternatori monofase o trifase, con carico squilibrato.
I
n un alternatore monofase vi è una sola bobina dell’indotto, ad esempio con principio P1 e fine F1. La bobina, investita dal campo rotante della ruota polare, diventa sede di f.e.m., la quale genera corrente nel carico monofase ad essa allacciato. A sua volta il campo magnetico indotto, di tipo alternativo, si può scomporre in due componenti controrotanti (v.§24 del modulo Motore monofase). La componente che ruota in sincronismo con la ruota polare produce una reazione d’indotto identica a quella discussa con la macchina trifase.La componente che ruota in senso opposto, di velocità doppia, pari a 2·ω, genera una f.e.m. negli avvolgimenti induttori e correnti parassite di frequenza 2·f .
Al flusso costante di eccitazione si sovrappone dunque un flusso alternato di pulsazione 2·ω.
A sua volta il flusso alternativo di pulsazione doppia, se lo si scompone in due componenti controrotanti, dà luogo ad una componente che, rispetto alla ruota ha velocità doppia e rispetto all’avvolgimento indotto di statore ha velocità tripla. Nascono quindi f.e.m. di terza armonica e quindi la f.e.m. generata al carico risulta deformata.
La componente controrotante rispetto alla ruota induce invece f.e.m. di frequenza pari alla fondamentale.
Per attenuare le deformazioni introdotte dalla terza armonica si colloca un apposito avvolgimento smorzatore, simile ad una gabbia di scoiattolo, sulle espansioni polari.
I conduttori in corto circuito della gabbia, investiti dalla componente inversa del campo rotante, per la legge di Lenz attenuano la causa e quindi si riduce notevolmente la deformazione della tensione al carico. In tal caso non sarebbe necessario laminare il ferro della ruota polare, proprio perché le variazioni alternative dei flussi verrebbero eliminate e quindi il flusso risultante continuerebbe ad essere costante.
Un discorso analogo può estendersi alla macchina trifase quando alimenta carichi squilibrati. Questi si possono pensare come la sovrapposizione di un carico equilibrato e di opportuni carichi monofase e quindi si possono applicare le conclusioni precedenti.
L’impiego degli avvolgimenti smorzatori attenua dunque le armoniche generate a causa del carico squilibrato e quindi la tensione prodotta torna ad essere sinusoidale.
prof. Attilio Barra e-mail: elettrotecnica@barrascarpetta.org
prof. Antonio Scarpetta e-mail: laboratorio@barrascarpetta.org
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