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M o d u l o 7
La macchina sincrona
L'ALTERNATORE
Quando la potenza richiesta dall’utenza supera quella erogabile da un alternatore, se ne inserisce un altro in parallelo, in modo da ridistribuire fra le due macchine l’aumentato carico e impedire che la prima debba erogare una potenza superiore a quella di targa. La migliore condizione si ha quando ogni macchina fornisce una potenza proporzionale alla propria potenza nominale.
Si ritenga che la macchina G1 stia funzionando regolarmente, con l’interruttore S1 chiuso e stia fornendo in rete la tensione U alla frequenza costante f.
Per poter effettuare la connessione in parallelo e non avere sorprese, ad esempio elevate correnti di circolazione fra le due maglie interne, le due terne di tensioni, quella di G1 e quella prodotta a vuoto da G2 devono essere uguali e devono sovrapporsi. In altri termini fra le coppie di punti 1-1’; 2-2’ e 3-3’ di fig.1 non deve esserci alcun dislivello elettrico.
Le operazioni che occorre effettuare per poter collegare in parallelo l’alternatore G2 alla macchina G1 sono le seguenti.
1) Con l’interruttore di macchina S2 aperto si avvia il motore primo che trascina G2 e se ne regola il numero di giri fino a quando si è prossimi alla velocità di sincronismo (che dipende dal numero di poli di G2 e dalla frequenza di rete). Prossimi significa non uguale: un po’ più o un po’ meno rispetto alla velocità di sincronismo!
2) Si regola la corrente di eccitazione Ie2 in modo da portare la lettura del voltmetro V2 allo stesso valore delle tensioni V1 e V.
3) Quasi sicuramente, essendo ora uguali le ampiezze delle due terne ma non ancora in fase a causa del divario anche lieve di velocità, si noteranno sulle lampade una successione di spegnimenti e di accensioni, ogni secondo, tanto più lente quanto minore è la differenza fra le frequenze delle due macchine. La velocità n2 va regolata in modo che i battimenti siano lenti. Se la terna delle tensioni U1’, U2’ e U3’ è più lenta, si spengono in successione L1-L2-L3. Al contrario, se si osserva una successione degli spegnimenti L1-L3-L2 la terna 1’-2’-3’ è più veloce della terna di rete 1-2-3. Ciò può verificarsi con semplice ragionamento fatto sul collegamento delle lampade del sincronoscopio, detto appunto a luci rotanti. Si noti che un simile dispositivo è formato da lampade di portata pari al doppio della tensione di fase, valore massimo esistente quando due f.e.m. della stessa maglia sono opposte.
4) La chiusura dell’interruttore di parallelo si effettua rapidamente quando i battimenti sono lenti e quando la lampada collegata fra due morsetti corrispondenti si sta spegnendo. (Si osservi che in un dispositivo con lampade collegate fra 1-1’; 2-2’; 3-3’ si riuscirebbe ad individuare l’istante in cui le due terne si sovrappongono, ma non si potrebbe scoprire se la terna in esame è più lenta o più veloce del dovuto).
5) Le operazioni di parallelo possono essere rese automatiche mediante un sincronoscopio elettronico e un sistema che regola la velocità n2 e chiude l’interruttore di macchina quando le terne di tensioni sono sovrapposte.
Se la chiusura dell’interruttore di macchina non avvenisse nell’attimo dovuto, ma prossimo ad esso, nascerebbero scambi di corrente fra le due macchine e coppie sincronizzanti che porterebbero comunque al parallelo corretto e quindi al sincronismo, dopo un transitorio con oscillazioni smorzate.
Altrimenti, se si è troppo lontani dalla condizione ideale, si esce di passo, con intervento delle protezioni, essendo le correnti di circolazione troppo elevate.
Figura 1) Inserzione di G2 in parallelo
Raggiunta la condizione di parallelo, per far assumere il carico all’alternatore G2 occorre fornire potenza meccanica alla ruota polare, cioè far crescere l’angolo δ di carico, che era inizialmente nullo (essendo U=Eo).
Inoltre si può modificare l’entità della potenza reattiva agendo sulla corrente d’eccitazione Ie.
A parità di potenza richiesta dall’utilizzatore, se si fa erogare potenza attiva al generatore G2, occorre ridurre della stessa entità il carico di G1.
Occorre intervenire sul sistema che aumenta la coppia motrice (aumentare ad esempio l’apertura del distributore della turbina), portando l’angolo di coppia δ al valore per cui coppia motrice e coppia resistente si riequilibrino. In questa condizione (fig.2) la nuova distanza fra le rette e e a che, come si sa, è proporzionale alla potenza reale, rimarrà costante con il nuovo carico. La potenza attiva è rappresentata dal segmento PA.
Dalla posizione dei vettori di fig.2) si ottiene
La corrente erogata e le coppie (motrice e resistente) sono le seguenti:
Come si è precisato, se l’utenza non è cambiata, l’aumento di potenza ora generato da G2 deve essere scaricato con manovra opposta su G1, riducendone la coppia.
Occorre variare la corrente di eccitazione: ad esempio, aumentandola, la f.e.m. Eo cresce, mantenendo però il proprio estremo sulla retta e. Il segmento PR è proporzionale alla potenza reattiva. Comunque si modifichi la corrente di eccitazione, l’estremo di Eo ‘viaggia’ sempre sulla retta e, mantenuta a distanza costante dalla retta a se il carico dell’utenza non è cambiato come potenza attiva.
In condizioni di sovreccitazione la macchina eroga corrente in ritardo e quindi genera potenza reattiva induttiva. La reazione d’indotto dà un effetto smagnetizzante.
L’opposta manovra di variazione dell’eccitazione va eseguita sulla macchina G1, per non alterare il bilancio complessivo delle potenze.
Figura 2) In 1) vi è il funzionamento a vuoto; in 2) la macchina eroga corrente con componenti reale (PA) e reattiva (PR) della potenza. Si varia la potenza attiva aumentando
δ mediante l’aumento della coppia motrice; si varia la potenza reattiva variando la corrente di eccitazione e quindi la Eo.
Occorre inizialmente diminuirgli la potenza meccanica e, per mantenere costante la potenza erogata, bisogna caricare contemporaneamente un’altra o altre macchine del parallelo. Raggiunto il funzionamento a vuoto si apre l’interruttore di linea, si ferma la macchina e si disinserisce anche il circuito di eccitazione.
prof. Attilio Barra e-mail: elettrotecnica@barrascarpetta.org
prof. Antonio Scarpetta e-mail: laboratorio@barrascarpetta.org
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