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 M o d u l o  4

T r a s f o r m a t o r e


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§2 -  Il trasformatore reale

Il trasformatore ideale, come quello dello schema di fig.3, è tale poiché:

·        si ritengono nulle le resistenze R1 e R2 degli avvolgimenti;

·        il flusso magnetico è interamente concatenato con i due avvolgimenti (non vi sono flussi dispersi);

·        non vi sono perdite nel ferro;

·        la riluttanza del circuito magnetico è nulla.

Il trasformatore reale non possiede queste caratteristiche e quindi occorre un modello che tenga conto della realtà e che ne consenta lo studio, partendo però dalla macchina perfetta.

Ø      Necessità della corrente di magnetizzazione per creare il flusso

Se in un primo tempo si tiene conto del fatto che la permeabilità del circuito magnetico non è infinita (l’induttanza primaria non è infinita, la riluttanza del circuito ferro non è nulla) ne consegue che per poter impegnare nel circuito magnetico il flusso, si rende necessaria una corrente di eccitazione o di magnetizzazione Im , per cui occorre introdurre nello schema del trasformatore ideale la bobina di induttanza Lm e di reattanza Xm  = ω Lm . In questo modo si può scrivere, per la legge di Hopkinson

 in cui

rappresenta la riluttanza del circuito magnetico che supporta gli avvolgimenti.

 

Si ricordi anche la seguente espressione dell’induttanza di un solenoide con N spire avvolte su un nucleo:

La reattanza Xm  , percorsa dalla corrente di eccitazione Im , crea la c.d.t. –E1  (f.c.e.m.) che va a porsi in opposizione al vettore che rappresenta la f.e.m. E1 .

Ø      Perdite nel ferro

Il trasformatore possiede un nucleo in ferro con perdite, dovute a due motivi essenziali:

1)                                perdite dovute al ciclo di magnetizzazione che si ripete 50 volte al secondo (se la frequenza della tensione di rete è di 50 Hz), dette perdite per isteresi magnetica;

(v. §2_0_magnetismo_isteresi.htm).

-                                  Le perdite per isteresi sono rappresentate dall’area del ciclo di isteresi magnetica B(H), area equivalente all’energia termica spesa per la variazione dei domini (l’orientamento e il ri-orientamento dei magnetini elementari costituenti il circuito magnetico) in un periodo T della tensione di rete.  Le perdite per isteresi si possono esprimere con

 (l’esponente diventa 2 se l’induzione massima è uguale o superiore a 2 T ).

Per ridurre questa perdita occorre usare materiali con coefficiente Ki ridotto e cicli stretti di isteresi

 

2)                                perdite dovute alle correnti parassite o di Foucault che circolano nella massa del ferro, correnti prodotte dalle f.e.m. indotte dalla continua variazione del flusso.

-                                  Le perdite per correnti parassite o di Foucault sono rappresentabili con l’espressione

 in cui KF dipende dal tipo di materiale scelto e comprende anche lo spessore al quadrato dei lamierini. La riduzione della perdita in esame si ottiene pertanto tagliando il percorso alle correnti parassite, riducendone l’area di circolazione. Il circuito perciò non è compatto, ma è costituito da lamierini fra loro isolati, di spessore compatibile con il tipo di applicazione e limitato dal processo di laminazione. L’aggiunta di silicio aumenta la resistività dei lamierini, ma ne aumenta anche la fragilità (non si superano valori del 4% circa). Il  flusso non viene ostacolato poiché viene fatto agire nel senso della laminazione.

(v. Considerazioni sulle perdite nel ferro con tensione e frequenza non nominali )

 

Nello schema utile allo studio del trasformatore (fig. 4) la presenza delle perdite nel ferro viene giustificata dunque con la resistenza Ra che, percorsa dalla corrente Ia, produce una perdita per riscaldamento equivalente a quella prodotta dalla perdite nel circuito ferro-magnetico del trasformatore. Questa perdita, proporzionale alla tensione di alimentazione al quadrato, ma in modo rigoroso alla f.e.m. E12  (relazioni 7 e 12), viene attribuita alla resistenza Ra  ( fig. 4).

Come si è detto, per l’immissione del flusso utile occorre vincere la riluttanza del circuito magnetico mediante la corrente di magnetizzazione Im , che percorre l’induttore Lm , posto anch’esso in parallelo alla Ra e ai suoi capi vi è la c.d.t. – E1.

Il trasformatore a vuoto, senza alcun utilizzatore allacciato ai morsetti secondari, assorbe dal generatore U1 che lo alimenta, la corrente

detta corrente a vuoto, che dà origine alla f.m.m.

che dovrà mantenersi costante in modo da garantire la costanza del flusso.

 

Vale infatti la relazione (7) 

 Potendosi al momento ritenere E1 = U1 , poiché per ipotesi la tensione di rete è costante, anche il flusso non potrà che mantenere sempre lo stesso valore, in qualsivoglia condizione di funzionamento.

 

·        Per un approfondimento relativo alle forme d’onda della Im  e della corrente a vuoto Io si veda il §10a_deformazioni.htm.

 

Ø      Flussi dispersi

 

Il flusso prodotto dall’avvolgimento primario non si concatena completamente con l’avvolgimento secondario. A dire il vero tutto il flusso prodotto non riesce a concatenarsi completamente nemmeno con il proprio avvolgimento primario per via di alcune linee che si richiudono attraverso l’aria nello stesso avvolgimento o in parte di esso.

Si intende per flusso utile f solamente quello le cui linee si concatenano completamente sia con il primario, sia con il secondario (ed è la gran parte).

Si intende per flusso disperso f d1 quella parte generalmente piccola di flusso le cui linee interessano solo il primario (flusso disperso primario) o solo il secondario (f d2), quando sarà percorso dalla corrente richiesta dal carico.

Pertanto le f.e.m. primaria E1 e secondaria E2 sono prodotte dal flusso utile, mentre i flussi dispersi producono una f.e.m. che in realtà non viene utilizzata e quindi si preferisce vederla come una c.d.t. prodotta da un induttore (Ld1 primario e Ld2 secondario).

In effetti se tutto il flusso generato fosse utile, le f.e.m. si trasmetterebbero dal primario al secondario con ampiezza massima; la presenza di flusso disperso si traduce invece in una diminuzione delle  suddette f.e.m.  La caduta di tensione è tale solo se le induttanze di dispersione sono collocate nello schema, che simula il comportamento del trasformatore reale, in modo da essere percorse dalla corrente totale che produce il flusso disperso, come rappresentato in fig. 4)

Il flusso disperso, richiudendosi nel circuito in ferro attraverso l’aria, a causa appunto della elevata riluttanza dell’aria, assume un andamento lineare con la corrente che lo produce, con le relazioni di flusso concatenato

   

Le c.d.t. sono attribuite alle reattanze Xd1  e  Xd2  le quali, più brevemente, nel seguito si scriveranno X1 e X2 .

Ø      Resistenza degli avvolgimenti

Gli avvolgimenti, generalmente in rame, offrono le resistenze R1 e R2 che, percorse da corrente, creano c.d.t. che contribuiscono a ridurre ulteriormente le f.e.m., a parità della tensione di alimentazione.

              Fig.4   Schema elettrico del trasformatore reale a vuoto

Riassumendo, si può concludere che dallo schema ideale del trasformatore perfetto di fig.3) si passa a quello reale di fig. 4) tenendo conto delle cadute di tensione presentate dalle resistenze degli avvolgimenti e dalle reattanze di dispersione.

Inoltre, a causa delle perdite nel ferro, si introduce una resistenza;  per tener conto della corrente di magnetizzazione si collega una induttanza, entrambe nel ramo trasversale, in parallelo fra loro, perché le loro correnti sono rigorosamente legate alla f.e.m.E1 (con conseguente caduta di tensione – E1).

Volendo considerare il trasformatore a vuoto come un circuito R-L, senza prendere in considerazione trasferimenti al secondario, la bobina, alimentata dalla sorgente sinusoidale di valore efficace U1, essendo un circuito fortemente induttivo perché avvolto su ferro, assorbe una corrente Io fortemente sfasata in ritardo sulla tensione.

 La c.d.t.

è da attribuire alla induttanza della bobina. Nello schema del trasformatore però si preferisce rappresentare la f.e.m. E1 indotta dalla variazione del flusso utile, anziché la c.d.t. E1,  per poter poi comprendere meglio il trasferimento di potenza dal primario al secondario attraverso il trasformatore perfetto.

Nel nucleo che supporta la bobina ci sono perdite nel ferro che creano dissipazione di calore e dunque si introduce la resistenza di dissipazione Ra come parametro trasversale.

 


prof. Attilio Barra e-mail: elettrotecnica@barrascarpetta.org

prof. Antonio Scarpetta e-mail:  laboratorio@barrascarpetta.org

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